Descrizione
Eppure la fotografia, così come la pittura e la scultura, non è un linguaggio; a questo proposito rimane illuminante la definizione che Barthes ha dato della fotografia: “Senza dubbio l’immagine non è il reale; ma quantomeno l’analogon perfetto […] Appare così lo statuto particolare dell’immagine fotografica: è un messaggio senza codice”. E messaggi senza codice “sono tutte le riproduzioni analogiche della realtà: disegni, dipinti, cinema, teatro”. Queste riproduzioni analogiche “comportano due messaggi: un messaggio denotato, che è l’analogon stesso, e un messaggio connotato, che è il modo in cui la società fa leggere, in una certa misura, ciò che essa pensa in proposito”.
Il ritratto fotografico offre dunque la doppia possibilità del riconoscersi e del negarsi, quel trovarsi “di fronte a se stessi come ad un oggetto” così come “di fronte a un altro”. Ed è proprio a questo “altro” che noi siamo per noi stessi che la fotografia conduce l’occhio di chi guarda: è come se una finestra si aprisse immediatamente per poi richiudersi, in quella nostra profonda natura di “oggetto” che in noi abbiamo. (Dall’Introduzione di Marco Fagioli)