Descrizione
Filippo De Pisis è stato uno dei più originali artisti europei della prima metà del Novecento, su cui tanto è stato scritto. Il presente saggio non segue il percorso utilizzato finora da altri critici e biografi. Non aspira ad essere sistematico, o “esaustivo”. Anzi, al contrario, tratta del personaggio De Pisis, dell’uomo De Pisis, dell’artista De Pisis “a volo d’uccello”. Come sarebbe piaciuto a lui. Saltando da un ambito all’altro, da un posto all’altro, da un momento all’altro. Con il risultato di uno “spaesamento temporo-spaziale”, che è poi la cifra ricorrente della sua arte, e che è alla base delle sue “nature morte marine”, forse il suo contributo più originale. De Pisis “poeta della pittura”, capace di “cavalcare col pennello un raggio di luce”. Che fa sentire “l’azzurro cielo in un istante odorar di giacinto”. In un tutt’uno tra sensazioni sonore, vibrazioni cromatiche, emozioni luminose, onde di profumo. Capace di indurre “piacere sinestesico”, con la partecipazione contemporanea di tutti i sensi. Il saggio apre a considerazioni critiche sulla genesi del “fare artistico” e prova a scandagliare i meccanismi reconditi del genio e della creatività. E la loro frequente associazione con la “diversità”, l’anomalia, la patologia. Indaga in maniera approfondita non solo il contesto culturale di formazione dell’artista e la sua personalità in confronto allo spirito del tempo, ma anche le basi innate del talento creativo e le interazioni tra genetica ed epigenetica, mediate dall’ambiente circostante. Contiene altre novità, anch’esse mutuate dalla pregressa esperienza clinica dell’Autore, come l’analisi delle “correlazioni genotipo-fenotipo” e la sottolineatura della “diversità”, come cifra costante del “creativo”. Cioè, lo studio delle opere non deve avvenire “in maniera staccata” come “oggetto a sè”, come “altro” rispetto all’artista che le ha prodotte, ma in stretta correlazione con il vissuto quotidiano, con il tormento interiore dell’artista, oltre che con l’ambiente in cui vive. Inoltre, tutti i “grandi creativi”, gli innovatori, dagli scienziati agli artisti, sono dei “diversi”, tra loro molto più simili di quanto ritenuto in precedenza, ma che si discostano notevolmente dalla “popolazione normale”, e che non possono essere valutati con lo stesso metro di giudizio dei “normali”. Ne esce il quadro di un personaggio complesso, problematico, introverso, tormentato. Certamente sognatore e profondamente ambizioso. Uno che aspira a lasciare un segno di sé nella storia. A fare in modo che la sua non sia una vita vana. Un “diverso”, dotato di particolare sensibilità. Che ama stare tra la folla, ma immerso nei suoi pensieri. Che non “si intruppa”. Che ama la sua “singolarità” e “diversità”. Ma che ha anche un “disperato bisogno di omologazione” con gli altri, con la gente normale. E questo lo rende incredibilmente umano, vicino, sempre attuale. Un artista moderno, a tutto tondo. Francesco Cetta